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| Alzò lo sguardo portandolo verso l'orizzonte, osservando dall'interno dell'elmo quel luogo orribile, quell'Inferno che pareva ripudiare la vita, abbandonato dagli Dei stessi. Si guardò intorno, osservando le dune che circondavano lei e la sua compagna mentre un velato sconforto lo assaliva.
Sabbia, sabbia, sabbia. Non v'era nient'altro che sabbia, in quel dannato Deserto dei See.
Senza tanti fronzoli era stata convocato da un Corvo insieme ad una donna, una certa Veronica, il quale diede ai due una missione da portare al termine il prima possibile. Nëshnäk si trovava da poco nella Capitale, non conosceva ancora i nomi degli individui più importanti della città, dunque non sapeva di preciso quanto fosse oneroso quell'incarico, ma non faceva nulla - ogni lavoro, dal più umile al più nobile andava eseguito con la stessa serietà e dedizione. Per questo ora viaggiavano dal un bel po' di tempo oramai, circa una settimana, girovagando in lungo e in largo in quella distesa infinita, alla ricerca del prezioso suddito del Sovrano: Raymond Lancaster. Faceva caldo, troppo, eppure i due non si lamentavano o mostravano infelici l'un l'altro. Forse per orgoglio, forse perché la soglia della sopportazione non era stata ancora sfiorata. Eppure continuavano a viaggiare dì dopo dì senza mostrare segni di cedimento. Quel calore ustionante, acuito dall'acciaio delle armature complete che portavano addosso, anche se graffiava la loro pelle non avrebbe impedito il corretto svolgimento della missione. Il fallimento del resto non era nemmeno contemplato nella mente dell'orco, che avrebbe preferito vagare all'infinito per quel deserto piuttosto che deludere il Clan Toryu, quello che gli aveva permesso di ricrearsi una vita.
Aveva molta sete, non beveva da un pezzo e la borraccia d'acqua era già stata svuotata del tutto. Questa non era la prima volta in cui s'avventurava in quella distesa arida, dunque aveva sviluppato una cerca abilità nel gestire le scorte di primaria importanza, ma ciò non era bastato. L'ultima oasi visitata dalla strana coppia di cavalieri oramai era solo che un ricordo appannato, una sorta di visione onirica. Digrignò i denti, facendoli stridere fra loro, producendo un suono alquanto irritante: da quando si era messo in viaggio né lui che il suo cavallo si sentivano a proprio agio, qualcosa pareva non andare per il verso giusto. Più il tempo passava e più sentiva una sorta di sinistra frenesia, che nei momenti in cui gli pareva di avvistare qualcuno - spesso a causa di miraggi - esplodeva in scatti rapidi di rabbia. Ciò lo preoccupava, ma non più di tanto, quindi evitò di pensarci più il dovuto, preferendo di ignorare la cosa. Sicuramente era la temperatura elevata che riscaldava il suo spirito, già bollente di suo.
E niente. Non accadeva niente. Erano sette giorni che vedeva solo sabbia, di tanto in tanto qualche disperato, ma niente di speciale. Quella situazione lo snervava oltremodo, facendogli perdere la concentrazione, tanto che nemmeno si rese conto del movimento repentino di Veronica, la quale diede uno strattone alle redini per evitare una caduta rovinosa in quel suolo che poteva cuocerla viva.
« Dimmi un po', Neshnak... » la mente dell'orco era priva di ogni pensiero, eppure a causa di quel caos calmo nemmeno si accorse delle prime parole della donna, anche lei assetata, come testimoniava la voce rauca. « ...pensi davvero che il Lancaster sia ancora vivo? »
Gran bella domanda, si ritrovò a pensare. Le possibilità che fosse vivo erano scarse, se non nulle, e nel suo cuor di pietra si ritrovò a sperare nel miracolo. Se da una parte lo voleva per servire il Clan Toryu nel miglior modo possibile, portando al Sovrano persone di cui necessitava, dall'altra lo desiderava perché così, almeno in teoria, il compito sarebbe risultato più breve. Accertarsi della morte di un individuo qualsiasi - come l'esperienza gli aveva insegnato - risultava assai complesso.
« Sinceramente non lo so. Abbiamo girato parecchio, ma con scarsi risultati... » incominciò a sputacchiare qualche parola, anche lui con la lingua impastata « E poi da quant'è che non si fa vedere nella Capitale? Parecchio mi pare. Anche se fosse vivo, probabilmente non sarà più lo stesso. Vivere in questo deserto... Ti cambia. »
Concluse alla bene e meglio, calando lo sguardo sul polso sinistro, dove teneva un bracciale sul quale era stato posto un piccolo cannoncino. Gli era costato un bel po' quel gioiellino, ma alla fine il fabbro che lo guardava con così tanto disprezzo e timore reverenziale aveva fatto un ottimo lavoro. Ancora non l'aveva utilizzato, ma non vedeva l'ora di farlo. Portò le dita sui vari ingranaggi, stando bene accorto a non dare strattoni alla cordicella che come gli avevan detto faceva partire il colpo, incominciando a seguire sbadatamente i lineamenti di quel pezzo di ferro con l'indice. La donna poi riprese a parlare, stavolta avvicinandosi con il cavallo verso di lui, guardandolo. Anche lui ricambiò lo sguardo, perdendosi con le proprie iridi rosse in quelle eterocromatiche di Veronica, quella donna intrigante che non aveva dimostrato ribrezzo nei suoi confronti, quella creatura sconosciuta pure per gli orchi, neppure la prima volta che l'aveva visto di fronte al Corvo.
« Hai ragione. E sai una cosa? Ammetto che trovo l'idea di riportare ai Corvi un'altra persona... » mentre stava pronunciando quelle parole sentì un qualcosa di sbagliato, fuori posto, eppure non fece trasparire nulla, nemmeno un'emozione che tradisse il pensiero il quale lentamente s'andava formando nella sua mente. « ...alquanto divertente. »
Voltò il capo, ritornando a fissare davanti a se. Lo trovava divertente, ma non riuscì a cogliere il perché, ma infondo uno dei suoi motti era "Non comprendere, non capire, non appoggiare: ubbidire e basta". Dunque certi concetti sottintesi, oppure le classiche trame di corte fitte ed intricate come dei rovi di Biancospino selvatici, proprio non volevano entrargli in testa. Oltretutto era un tipo che amava farsi gli affari suoi, certo se qualcuno gli rivolgeva la parola rispondeva, ma raramente si sarebbe impicciato di cose che non lo riguardavano. Questo era uno di quei casi.
« Tuttavia io penso che sia semplicemente morto. » il modo in cui tali parole vennero pronunciate fece divertire non poco Nëshnäk, già provato dalle strane sensazioni che laceravano la sua anima, che senza troppi problemi diede una risposta ugualmente lapidaria. « In quel caso pace all'anima sua. »
Un modo di parlare simile non era degno della figura di Cavaliere, ma lui non apparteneva a quell'ordine. Forse poteva essere confuso a causa dell'armatura, della dedizione per la battaglia o per l'assoluta fedeltà nei confronti di Basiledra, ma in cuor suo rimaneva pur sempre un mercenario. Certe cose del resto non si potevano cancellare. Una volta che si viene marchiati da qualcosa, da esperienze che toccano nel profondo, queste ci segnano a vita, indirizzando quasi involontariamente determinate scelte. Non c'era spazio per il libero arbitrio.
« Un'anima non può trovar pace all'Inferno, Neshnak. »
Questa era una verità del mondo, ma ce n'era anche un'altra: nulla è impossibile. Forse poteva dare un'altra risposta, ma non lo fece, optò piuttosto per rimanere in silenzio, risparmiando il fiato. Il tutto mentre continuava ad osservare dinnanzi a se, in quelle montagne di sabbia su cui troneggiava il Sole, il quale con la propria lucentezza mise in risalto delle figure. Aguzzò la vista, parandosi gli occhi dai raggi del disco di fuoco, definendo meglio quelle figure. No, non erano di certo miraggi.
Qualcuno si stava avvicinando. Senza che nemmeno se ne accorgesse la mano scivolò sull'impugnatura di quel grande spadone innominato, la cui lama - se quelle ombre appartenevano ad individui ostili a loro - avrebbe baciato molto sangue da lì a poco.
___ _____ ________ _____ ___ Campo dei Pelleverde
La Meretrice di Visceri rimase al suo posto, dentro il fodero composto da una fitta rete di catene, che rendevano ancor più difficoltoso trasportare quel blocco di ferro già pesante di suo. L'istinto bestiale di caricare a testa bassa quelle ombre che s'avvicinavano era forte, ampliato da un qualcosa di primordiale e sconosciuto di cui nemmeno si rese conto, eppure dovette calmarsi; non era più solo, non era un animale privo di legami - adesso era subordinato al Sovrano, doveva evitare gesta che avrebbero potuto compromettere la sua già vacillante reputazione. Quindi, rimanendo bene accorto, pronto a scattare da un momento all'altro, rimase a fissare quegli individui che si avvicinavano. Ringhiò sommessamente quando distinse i loro tratti orcheschi, sicuro che avrebbe dovuto affrontare quella minaccia con la forza, insieme alla cavallerizza che stava al suo fianco. Ma ciò non accadde. Con immenso stupore gli appartenenti a quella razza belligerante non avevano cattive intenzioni, anzi, volevano preservarli da una minaccia che rispondeva al nome di Marea. La mano pronta a scivolare sull'impugnatura di colpo si rilassò, allo stesso modo dell'animo irrequieto di Nëshnäk: dovevano trovare il Lancaster, quella era un'opportunità imperdibile, una grande fortuna. Ironia della sorte, quella fortuna sfacciata non si sarebbe fermata lì. Dopo essere stati portati al campo dei Pelleverde - in cui molti li ignorarono, come se fosse una cosa normale o ripetuta cento e più volte, quella di avere estranei a casa - vennero condotti da un uomo, quello che probabilmente gestiva l'insediamento. Sgranò gli occhi quando vide la sua figura, provando a nascondere la sorpresa il più possibile, difficile già di suo da notare per via dell'armatura completa e dell'elmo che gli copriva il volto, celando i lineamenti. La Montagna squadrò da capo a piedi quella persona scortata da una coppia di troll nerboruti, la quale indossava degli abiti da beduino laceri e sotto di essa - come si poteva ben notare nei punti strappati - un'armatura di cuoio scura come la pece. Il suo aspetto pareva quello di un uomo provato: la pelle imbrunita a causa del Sole, in un modo che era raro anche per i contadini del Nord, la barba incolta, le cicatrici che testimoniavano un passato fatto di scontri.. Ma soprattutto una macchia verde sul viso. Diede un'occhiata a Veronica abbastanza eloquente. Un uomo che non poteva essere il nobile Raymond Lancaster, e invece...
« Sono spiacente che abbiate dovuto compiere un viaggio così lungo senza che nessuno ora possa accogliervi come meritereste. » incominciò a dire il presunto nobile dopo averli scortati in una tenda, la quale come si poteva facilmente intuire dalle merci ivi riposte veniva utilizzata come magazzino. Li invitò ad accomodarsi sopra a quei sacchi, ma egli rifiutò a differenza della signora, era stato fin troppo seduto sopra lo Shire. « Come avrete potuto intuire, il Sovrano mi ha condotto lungo un sentiero... insolito. »
Quel lemma, "Insolito", appariva molto riduttivo. Erano pochi i signori che chiedevano ad un servitore di condurre uno stile di vita simile, soprattutto ad uno di origini rispettabili. Una fiducia ed un rispetto invidiabile quelli del Lancaster, ma non ci pensò più del dovuto, non era quello il suo lavoro. Magari poteva dire qualcosa, in modo da indurre il suddetto a fidarsi di loro, del resto però non era bravo a parlare, quindi preferì rimanere in un silenzio tombale. Talune volte una o due parole erano meglio di cento.
« Oh, non c'è nessun problema. Non ci aspettavamo nessuna accoglienza, ser. A dire il vero, cominciavamo anche a perder le speranze di trovarvi. » rispose ella, la quale con tutta probabilità aveva capito sin da subito che doveva essere lei a discutere con il Ser « Può chiamarmi Veronica. » concluse, facendo una breve pausa subito colmata dalla voce grottesca e gutturale dell'orco. « Nëshnäk. »
Qualsiasi altra persona con del sale in zucca e un minimo di buone maniere avrebbe utilizzato un tono più formale, accondiscendente ed elegante per presentarsi. Peccato che la Montagna non rientrasse per bene in tutti e due i gruppi, quindi - rimanendo fedele alla propria scelta di parlare solo se interpellato - rivelò il nome con un tono che ricordava quello del classico soldato chiamato da un superiore. Quindi senza tanti ripensamenti si tolse l'elmo, mostrandogli finalmente i lineamenti spigolosi del volto: fronte alta e corrugata, occhi grandi e rossi come il sangue che fin troppe volte aveva visto nei campi di battaglia, labbra sottili e secche per il caldo, capelli cortissimi e scuri, le zanne inferiori invece non fuoriuscivano dagli angoli della bocca, a meno che non parlasse. Ed in quell'orchestra di lineamenti non aveva una macchia verde impressa sulla pelle come il Lancaster, ma un tatuaggio dal tema tribale che dalla tempia sinistra scivolava fin sotto il collo.
« Come potete facilmente immaginare, a Basiledra vi sono persone piuttosto... preoccupate per la sua salute, ser. Non riceviamo vostre notizie da mesi. » la risposta dell'individuo che quasi inconsapevolmente nascondeva le proprie nobili origini sotto le spoglie di un comune barbaro non si fece attendere « Lasciatevi dire che siete una coppia di messaggeri ben strana. Non riesco a capire se i Corvi si augurino che io torni sano e salvo... o si augurino che io rimanga qui per sempre. » .. E probabilmente, dopo tale esclamazione un campanellino d'allarme suonò per Veronica. « Oh no, non avrebbero spedito noi a cercarvi, se fosse così. »
A quell'ultimo accenno non si scompose, nemmeno d'un poco. Era ben conscio delle sensazioni che faceva nascere nella coscienza altrui, quindi in un certo senso c'era abituato, eppure la cosa non lo soddisfaceva affatto. Ma sopportò, convinto del fatto che si sarebbe guadagnato almeno un po' della sua fiducia con le proprie azioni. Nel mentre fece portare degli alimenti, un po' di pane e dell'acqua, ai quali il ragazzone non rifiutò. Aveva patito la fame e la sete nelle dune del Deserto dei See, se ora poteva trovare un minimo di sollievo in quel cibo non si sarebbe fatto perdere l'opportunità. Così incominciò a mangiare con calma, ascoltando tra un boccone e l'altro ciò che Raymond aveva da dirgli.
« Immagino che non vi auguriate di ripartire immediatamente per il nord, dopo un viaggio così lungo, quindi lasciate che vi esponga la situazione. »
Iniziò quindi a parlare di un lord, un tale Razelan Vaash, che si trovava da qualche parte nel Deserto dei See, il quale per qualche motivo ignoto era accinto nel complottare alle spalle dei Corvi. Un vile che andava subito denunciato alla Corte del Sovrano, non prima di aver ottenuto prove certe della trama infima che come un ragno disgustoso stava tessendo all'ombra di tutti. Una minaccia che avrebbe visto la sua fine in uno stagno di sangue. Già pregustava il momento in cui la Meretrice di Visceri avrebbe affettato le carni di quei dannati, portandogli via tutto quello di cui avevano più caro. Desiderio che faceva riaffiorare nella sua mente scene di guerriglia, quelle che per lui erano molto care - involontariamente, pure i polpastrelli della mancina scivolarono dietro di se, toccando quello strumento di morte da poco ottenuto. Raymond continuò spiegando che aveva trovato in quel gruppo di Pelleverde un valido aiuto, un qualcosa di alquanto singolare, soprattutto se a chiedere appoggiò è un comune essere umano e non un valido esponente della loro razza; in ogni caso meglio così, gli orchi erano i migliori soldati in assoluto, truppe in alcuni casi difficili da gestire, ma il tutto veniva ripagato con un'efficacia disarmante. Subito dopo disse loro anche di aver catturato un ostaggio, dalla bocca non troppo larga, che lo aveva costretto a elaborare un nuovo piano.
« Un paio di uomini fidati potrebbero tornarmi comodi. E se i Corvi hanno riposto in voi la loro fiducia, non ho motivo di diffidarvi. » concluse, catturando l'attenzione della Montagna, che senza pensarci troppo sfoderò lo spadone, facendo impattare la punta dell'arma contro il suolo sabbioso. « Aiutateci ad infiltrarci nella corte di Lord Vaash e quando torneremo a Basiledra vi prometto che lo faremo da eroi. » chinò il capo, mostrando rispetto nei suoi confronti, poi indurì la presa sull'impugnatura « Può contare su di me, ser. Il nostro compito era quello di ritrovarvi e riportavi a Basiledra, dunque non vi è ragione per noi d'esitare nel prestarvi aiuto e fare il possibile per la causa. » adesso era il suo momento. « Ti giuro una momentanea e assoluta fedeltà, Raymond, fino a che giustizia venga fatta. »
Solitamente bisognava smielare certi concetti, utilizzare modi di parlare educati e formali, o quantomeno un tono servile e accondiscendente. Cosa che Nëshnäk non fece - non per mancanza di rispetto, ma solo perché nessuno gli aveva insegnato certe cose. Del resto era cresciuto nei campi di battaglia, non fra le mura sicure di qualche città come Basiledra et similia. Gli diede le spalle e dopo averlo salutato insieme alla compagna uscì dalla tenda, sicuro del fatto che li avrebbe fatti convocare per discutere ancor più approfonditamente della missione.
Passarono diversi giorni in quella umile comunità di Pelleverde, dalle tradizioni antiche ed onorevoli, che rispecchiavano appieno la figura del Guerriero definitivo, perfetto. Eppure non strinse nessun legame, piuttosto rimase molto schivo, evitando di entrare in contatto con altri a meno che non fosse strettamente necessario. Passava il tempo ad allenarsi fra le dune, sotto quel Sole infame. Un atto all'orlo dell'autolesionismo, ma questa era la strada che aveva scelto. La Via della Spada.
EQUIPAGGIAMENTO
Meretrice di Visceri Spadone immenso a due mani. Note: // Spiedo Alabarda, anch'essa più grande del normale. Note: // Multa Paucis Piccolo cannoncino, posto nella parte inferiore del bracciale sinistro. Note: 1xColpo Memento Mori Armatura pesante completa. Note: // PASSIVE
Si Vir Es Grande resistenza al dolore. Note: Passiva di II Livello del Dominio Forza del Toro Ad Uno Disce Omnes Possibilità di poter utilizzare armi pesanti come se fossero leggerissime. Note: Passiva di I Livello del Dominio Forza del Toro Historia Magistra Vitae Capacità di combattere in qualsiasi situazione, anche se gravemente ferito. Note: Passiva razziale degli Orchi, Spirito di Guerra. | NESHNAK GRISHNAK Criticam: 40% Maximum: 20% Medio: 10% Bassus: 5%
Corporis: 100% Mentis: 100% Vigor: 100% | MERETRICE DI VISCERIDurante lo scontro con l'Innominato - Medoro - il grande orco subì delle gravi ferite, non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Infatti, la sua grande spadona, quell'arma che utilizzava come se fosse un leggerissimo stocco, venne completamente distrutta, scheggiata in mille e più punti a causa della pioggia di spade richiamata dal Paladino. Provò a difendersi da quest'assalto, ma fu tutto inutile: quei gladi penetrarono l'armatura e la carne, resa ancor più spessa e resistente dalla distruzione di un sigillo che limitava i poteri di Nëshnäk, con una facilità estrema. Tale gesto impressionò il cavaliere, il quale gli permise di entrare nel Clan Toryu, promettendogli che la sua arma sarebbe stata riforgiata. La Meretrice di Visceri, l'attuale arma principale del mercenario, è stata infatti forgiata con il fuoco delle forge di Basiledra, utilizzando i frammenti della Scannabestie. Essa si presenta come una spada grezza, dalla lama - che oltretutto è un pezzo unico con l'impugnatura - lunga due metri e mezzo, larga circa quindici centimetri alla base, e man mano sempre più sottile verso la punta triangolare. L'elsa, saldata alla lama, non presenta particolari temi, piuttosto è decisamente spartana. Intorno all'impugnatura, bella lunga anch'essa per favorire una presa alquanto salda, vi sono delle bende.SPIEDOLa spada però non è solamente l'unica arma del costrutto, anzi, tutt'altro. Un altro suo oggettino tanto adorato è il caro Spiedo, ovvero un'alabarda adatta alle dimensioni esagerate dell'utilizzatore. Questa in realtà è un'arma un poco particolare, non per le misure, ma per il modo in cui è stata assemblata. Costruita dagli stessi umani che han creato Nëshnäk, lo Spiedo non ha un'asta di legno, come il resto delle altre armi a lungo raggio come questa, bensì d'un ferro grezzo, decorato con strane rune che lo pseudo-orco ha osservato per lunghe ore, senza mai decifrarle, infondo il poveraccio nemmeno sa leggere il proprio nome. Fatto sta che tale strumento di morte l'ha servito a lungo, sia contro i suoi simili che contro gli stessi bastardi che l'han messo alla luce, incluse gli animali della foresta che caccia per vivere. Certo, non è l'essenza della destrezza quando l'usa, ma è capace di adoperarla come una buona scioltezza, anche se prima di riuscirvici diverse volte si è ferito nel farlo. Ma si sa, spesso il dolore è il giusto prezzo da pagare per realizzare ciò che si desidera.MEMENTO MORIPerò vedete, Nëshnäk non è un barbaro, cioè non del tutto. Lui non ama le armature leggere, come quelle di pelle, tutt'altro. Preferisce sentirsi ricoperto da una dura corazza, capace di resistere agli urti più forti e questa probabilmente è una delle nozioni che gli hanno inculcato in testa quei dannati guerrieri che l'avevan schiavizzato, bardati dalla testa ai piedi con pezzi d'acciaio scintillante. Fatto sta che i suddetti han costruito appositamente per lui un'armatura particolare, ovvero gigantesca, adatta alla sua statura. Essa è un set intero, che ricopre centimetro per centimetro gran parte del suo corpo, eccezion fatta per i fianchi, i lati delle ginocchia, il collo ed infine la parte interna delle braccia. Il tutto per garantire un mix perfetto di mobilità e protezione. E' una copertura rossastra, priva di particolari decorazioni, ma decisamente funzionale. Nëshnäk la porta praticamente sempre con se, eccezion fatta per quelle rare volte in cui particolar preso dalla foga della battaglia preferisce combattere privo di protezione alcuna. Giusto così, per farsi più male.MULTA PAUCISIn teoria Nëshnäk preferisce le armi corpo a corpo, solitamente mazze, spade, asce e così via. Eppure dopo aver combattuto contro il biondo Paladino di Basiledra ha capito che non può intestardirsi su certe cose, come per il combattimento. Quel duello infatti è stato illuminante, da questo ha appreso che deve aprire la propria mente a nuovi orizzonti e modi d'affrontare il nemico. Per questo è andato da un fabbro per farsi costruire nel più breve arco di tempo possibile quest'arma: il Multa Paucis, ossia "Molte cose in poche parole", un piccolo cannone posto nel bracciale dell'armatura pesante, per la precisione nella parte interna. Questo meccanismo abbastanza semplice permette di sparare un colpo esplosivo con il piccolo strattone di una cordicella che sbuca da una serie d'ingranaggi. ABILITA' RAZZIALE: SPIRITO DI GUERRA E II LIVELLO DEL DOMINIO "FORZA DEL TORO"La Montagna anche se non è un vero e proprio orco, è pur sempre stato costruito con le membra di quest'ultimi, dunque per forza di sangue il sangue di tali creature scorre nelle sue vene con una prepotenza inimmaginabile. E' un sangue sporco vero, di cui pure il potenziale nemico di Nëshnäk si ravvede dallo sporcarvisi, ma in ogni caso è forte. Una forza che trova la quintessenza nell'ostinazione della Montagna, che non gliene importa se è stanca o ferita, poiché rimane lo stesso a combattere. La dedizione alla battaglia, allo scontro, alla violenza, tutto questo è come una sorta di potere razziale, di un dono divino che solo gli orchi - o chi ne possiede il sangue - possono avere. Per tale motivo il guerriero combatte sempre a testa alta, senza arrendersi mai. Se ne frega del dolore, delle ossa rotte, delle contusioni o delle ferite che lacerano i muscoli, rendendoli una putrida poltiglia: egli continua a duellare, a stringere con forza la propria arma. E' il suo essere ancestrale che glielo obbliga, è il suo Spirito di Guerra a farlo. E' come un comando al quale non può resistere, a cui non può non obbedire. Combattere. Sempre e comunque. Non importa dove, non importa in che condizioni. Nëshnäk continuerà sempre a farlo.I LIVELLO DEL DOMINIO "FORZA DEL TORO"La Montagna è un essere immondo, una creatura che trova l'affermazione di se stessa solo nella propria forza, su cui infondo ha basato tutta la sua vita artificiale. La sua forza è inaudita, priva di senso alcuno, è semplicemente brutale e diretta. Tale essenza sincera risulta essere anche sinistramente nobile, lontana, a modo suo affascinante. Vederlo combattere, vedere i suoi muscoli che si gonfiano per lo sforzo è uno spettacolo meraviglioso. Per tale motivo riesce ad utilizzare con relativa facilità, in un modo a dir poco passivo armi veramente pesanti, proprio come la sua adorata Meretrice di Visceri come se fossero dei piccoli ed esili rametti di legno. | Edited by Amesoeurs - 16/1/2013, 15:41
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